Giovanni Santese: “Algoritmo racconta di un futuro distopico in cui l’umanità obbedisce ciecamente ai comandi degli algoritmi”


Giovanni Santese è un cantautore italiano. Il suo album d’esordio, prodotto da Taketo Gohara, sarà pubblicato nella primavera 2023 per Irma Records. In precedenza, ha pubblicato come 
non giovanni altri due album: “Ho deciso di restare in Italia” (2014 - Irma Records) finalista per l'assegnazione della Targa Tenco come Migliore Opera Prima 2015, e Stare Bene” (2017 - Irma Records). Ai precedenti due dischi sono seguite numerose date live in band e in acustico, che hanno toccato le principali città d’Italia e i club del circuito indipendente.

Abbiamo scambiato due chiacchiere con lui per saperne di più sul nuovo singolo “Algoritmo”.



Come nasce questa passione, questa voglia di proporre te stesso alla gente attraverso la musica e i tuoi testi?
Proporre me stesso agli altri è una conseguenza quasi involontaria del mio bisogno di mettere in forma scritta emozioni e pensieri. Ho sempre avuto questa necessità e quando ho scoperto la chitarra mi è piaciuto fondere scrittura e musica. Ho iniziato a 14 anni circa, e non ho mai più smesso.
 
 Qual è la tua canzone preferita che ti piace di più suonare?
È una cosa che va un po’ a periodi, ma mi piacciono molto le canzoni che servono a scaldare l’atmosfera, facili e confortevoli, quelle con cui decido di aprire in concerti in pratica. Negli scorsi tour prima di questo disco questa canzone era I sogni che si fanno adesso invece la canzone di apertura è proprio Algoritmo.
 
Come giudichi il panorama della canzone italiana? Il Festival di Sanremo è ancora il palcoscenico più importante per gli artisti?
Ultimamente c’è tantissima proposta e non è facile suonare in un locale e trovare gente curiosa di sentire cose nuove, perché di roba in giro ce n’è veramente tanta appunto. Sanremo resta una vetrina importante che può cambiare la carriera di un artista.
 
Che ne pensi dei Talent show come trampolino di lancio?
Sono una realtà che attraversa la discografia e la musica italiana ormai da decenni, qualsiasi possa essere l’opinione in merito, hanno sfornato artisti che sono rimasti, ma molto pochi. Moltissimi interpreti, pochissimi cantautori. Per il mio caso specifico non ci vedo perciò grande utilità, e onestamente l’idea di sottopormi a giudizio, gareggiare, non è che mi entusiasmi. Ma chissà, non posso precludermi niente.
 
Ci racconti la genesi del tuo nuovo singolo?
Ha avuto molti rimaneggiamenti musicali, ma l’idea del testo era invece chiara fin dall’inizio: avevo immaginato un futuro distopico in cui l’uomo non è più responsabile di nessuna azione.
 
Tre dischi che non possono mancare nella tua valigia?
Blonde On Blonde di Dylan, il disco della pecora di De Gregori, Com’è profondo il mare di Dalla.

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