Abbiamo scambiato due chiacchiere con lui
per saperne di più sul nuovo singolo “Algoritmo”.
Come nasce questa passione, questa voglia di proporre te stesso alla gente attraverso la musica e i tuoi testi?
Proporre me stesso agli
altri è una conseguenza quasi involontaria del mio bisogno di mettere in forma
scritta emozioni e pensieri. Ho sempre avuto questa necessità e quando ho
scoperto la chitarra mi è piaciuto fondere scrittura e musica. Ho iniziato a 14
anni circa, e non ho mai più smesso.È una cosa che va un po’ a periodi, ma mi piacciono molto le canzoni che servono a scaldare l’atmosfera, facili e confortevoli, quelle con cui decido di aprire in concerti in pratica. Negli scorsi tour prima di questo disco questa canzone era I sogni che si fanno adesso invece la canzone di apertura è proprio Algoritmo.
Ultimamente c’è tantissima proposta e non è facile suonare in un locale e trovare gente curiosa di sentire cose nuove, perché di roba in giro ce n’è veramente tanta appunto. Sanremo resta una vetrina importante che può cambiare la carriera di un artista.
Sono una realtà che attraversa la discografia e la musica italiana ormai da decenni, qualsiasi possa essere l’opinione in merito, hanno sfornato artisti che sono rimasti, ma molto pochi. Moltissimi interpreti, pochissimi cantautori. Per il mio caso specifico non ci vedo perciò grande utilità, e onestamente l’idea di sottopormi a giudizio, gareggiare, non è che mi entusiasmi. Ma chissà, non posso precludermi niente.
Ha avuto molti rimaneggiamenti musicali, ma l’idea del testo era invece chiara fin dall’inizio: avevo immaginato un futuro distopico in cui l’uomo non è più responsabile di nessuna azione.
Blonde On Blonde di Dylan, il disco della pecora di De Gregori, Com’è profondo il mare di Dalla.
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